FORMIA – Rivelazioni choc del pentito Schiavone, il sindaco scrive a Boldrini e Grasso: “Via il segreto di Stato dagli atti della commissione bicamerale antimafia del 1997”

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In vent’anni di collaborazione ha detto tanto, spalancato scenari d’abisso, gettato ombre sulla tenuta dell’intero sistema. E questo ben prima dell’intervista rilasciata ai microfoni di Sky. Molto di quel racconto è nei verbali allegati ai procedimenti giudiziari aperti e chiusi proprio grazie alle sue rivelazioni: il sud pontino “provincia di Casal di Principe”,  i fusti tossici, le mazzette a politici e forze dell’ordine. Tutto già detto, tutto messo nero su bianco. Parola di Carmine Schiavone, cugino di “Sandokan”, ex cassiere del clan e regista dell’industria casalese dei rifiuti. C’è una linea d’ombra che tuttora avvolge il suo racconto e non consente di verificarne appieno l’attendibilità. Mancano i nomi e gli indirizzi: l’elenco di imprese del nord che si affidarono alla camorra per smaltire illegalmente i propri rifiuti, il luogo esatto in cui i fusti furono interrati, chi sono gli uomini di Stato che consentirono al clan dei casalesi di avvelenare le terre poste tra le due sponde del Garigliano. Particolari che “Carminuccio” sostiene di aver fornito nel 1997 nell’audizione che tenne al cospetto della commissione bicamerale d’inchiesta sulle ecomafie. A distanza di 16 anni, è giunto il momento di fare chiarezza. Il sindaco di Formia Sandro Bartolomeo ha scritto ai presidenti di Camera e Senato Laura Boldrini e Pietro Grasso, chiedendo loro di desecretare gli atti di quell’audizione. Schiavone oggi ipotizza rischi di portata biblica, la possibilità che cinque milioni di persone tra sud pontino ed alto casertano muoiano per neoplasie legate all’interramento di rifiuti tossici e radioattivi. Il boss, ricorda Bartolomeo nella lettera, sostiene di aver riferito quei fatti alla commissione bicamerale, aggiundendovi «particolari come marca, modello e targhe di camion, profondità degli interramenti e periodi». Informazioni da accertare, anche perché «i saggi sarebbero stati effettuati su territori e profondità diversi da quelli che lui stesso indicò». L’audizione e l’esito degli accertamenti promossi sono tuttora coperti dal segreto di Stato. Fatto, spiega il primo cittadino, non più giustificato dai tempi (all’epoca l’indagine era in corso, i processi sono oggi definiti), né dall’interesse di Stato, dal momento che la tutela della salute pubblica viene prima di ogni altro indirizzo o esigenza. La desecretazione degli atti «è la precondizione per affrontare quella che eventualmente diverrà una vera emergenza nazionale, la bonifica di intere regioni del Centro Italia, i cui prodotti circolano liberamente da anni sull’intero territorio nazionale ed estero». Alla seconda e terza carica dello Stato, Bartolomeo lancia un appello accorato: «Confido ritengano di acclarare la verità e di fornire risposte tempestive su questa orribile pagina della nostra storia, alla cui responsabilità – conclude – sono chiamati anche politici, magistrati, amministratori e forze dell’ordine».

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