Porto: probabili benefici economici e sociali. Ma l’ambiente?

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La delibera di Giunta n.207 del 02/08/2013, con cui il sindaco conferma l’ormai ex-dirigente dell’urbanistica Guratti nel ruolo di RUP del nuovo porto turistico “Marina di Castellone” conferma la continuità amministrativa dell’attuale giunta quella precedente dei Forte. Il progetto dovrebbe essere realizzato dalla R.T.I. “Marina di Cicerone spa”, costituita dall’Impresa Pietro Cidonio spa di Roma, dalla ditta SACEN srl di Napoli e dal “Gruppo Ranucci Finanziaria e Partecipazioni srl” del senatore PD Ranucci. Quest’ultima partecipazione spiega la decisione del sindaco di essere garante e portare avanti il progetto dal valore di 75 milioni di euro, senza considerazione alcuna per il conflitto di interessi in essere.

Tuttavia, oltre i proclami provenienti dalla casa comunale ed i silenzi degli ecologisti presenti in Giunta, dalla lettura della delibera si apprende che il progetto deve essere sottoposto a Valutazione Ambientale Strategica secondo quanto disposto dal D.Lgs 152/2006, come richiesto con determinazione della Direzione Regionale Ambiente n. A01052 del 18.02.2013 in atti con prot. 9939 del 26.02.2013”. Allo stesso tempo ancora non è stata avviata la fase valutazione di impatto ambientale, in quanto attività di competenza regionale.

 

Quindi nonostante le promesse della giunta circa “la sollecita approvazione del progetto quale condizione necessaria per dare corso ai lavori di realizzazione dell’infrastruttura attese le positive ricadute economiche e sociali che ne derivano a beneficio della collettività”, siamo ancora in alto mare (per fortuna), proprio perché nulla è stato ancora valutato per quanto riguarda gli effetti sull’ambiente.

 

La VAS richiede la produzione di un rapporto ambientale e l’emissione di un giudizio di compatibilità ambientale contenente un parere ambientale articolato e motivato che costituisce presupposto per la prosecuzione del procedimento (art. 12 DLGS 152/2006). Questi dovranno essere messi a disposizione del pubblico (art. 13).

 

Noi sicuramente ci avverremo di questo diritto, visto che stiamo parlando di un opera, dal valore di 75milioni di euro, che modificherà radicalmente l’ecosistema marino del Golfo, sulla quale la mancata trasparenza fa pensare che si voglia nascondere i danni che la costruzione dello stesso comporterà per l’ecosistema del litorale.

 

Rischi attuali, quale quello dell’erosione favorito dalla presenza di «elementi di perturbazione», quali possono essere considerati i “pennelli”, cioè i bracci a mare che proteggono i canali artificiali dei porti turistici, probabilmente come il nostro, che negli ultimi anni hanno richiesto numerosi interventi di ripascimento.

 

Il dossier “ PORTI NEL LAZIO”, pubblicato da Legambiente Lazio nel 2010, descrive il porto del senatore Ranucci come un nuovo diluvio di cemento per 628 posti barca, con natanti che vanno dai 12 metri e mezzo ai 90 metri, di cui quasi il 40% potrà avere dimensioni superiori ai 18 metri, grazie ad un braccio che si sviluppa parallelamente a quella esistente, a circa 300 metri di distanza. Una speculazione immobiliare pari 38.000 metri quadrati così suddivisi: 16.000 a disposizione per la realizzazione di opere a terra, tra servizi portuali e negozi e i restanti 22.000 resteranno al Comune, che sembrerebbe abbia intenzione di trasferirvi i traghetti per le isole con la creazione di una stazione marittima e concludeva, chiedendosi “Questo sarà quanto arriverà alla comunità di Formia a fronte della devastazione del territorio e di questa imponente gettata di cemento che non potrà che contribuire ad aggravare la già compromessa situazione dell’erosione del litorale?”

 

E’ interessante conoscere la posizione ufficiale del vicesindaco Manzo e dell’assessore Marciano, contrari quando iniziò l’iter per la realizzazione del porto e oggi favorevoli probabilmente per ragioni di opportunismo politico.

 

Ci domandiamo, inoltre, cosa hanno da dire gli operatori balneari ed il loro sindacato che sicuramente subiranno un danno.

 

Possibile che ancora una volta a lamentarci dello scempio ambientale dobbiamo essere solo noi? E gli altri?

 

E poi smettiamola di vendere l’operazione come un volano per l’occupazione, visto che non è per nulla chiaro, a fronte di un danno ambientale notevole, quanti saranno, ad esempio, i le persone che troveranno lavoro all’interno dell’area portuale. Non vorremmo che con il ricatto occupazione si tenti di forzare la mano.

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