Con la bozza di decreto D.M. 71, il Ministero della Salute, in attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) in materia di sanità, ha delineato la riforma dell’assistenza sanitaria territoriale, volta alla riorganizzazione delle strutture intermedie e delle reti territoriali, all’ammodernamento del parco tecnologico, alla digitalizzazione della presa in carico del paziente, al potenziamento dell’assistenza domiciliare, allo sviluppo della telemedicina e alla completa integrazione tra tutte le attività sanitarie e sociosanitarie del territorio.
La riforma dovrà essere emanata entro il 30 giugno 2022, previa approvazione in Conferenza Stato-Regioni. A grandi linee, il progetto di rimodulazione della sanità territoriale prevede, per ciascun Distretto nel quale è articolata l’Azienda sanitaria locale (ASL), la creazione di strutture territoriali nuove, intermedie tra i cittadini e gli ospedali esistenti; in particolare, si parla di Case della Comunità (CdC), Ospedali di Comunità (OdC) e Centrali Operative Territoriali (COT).
Le Case della Comunità, sono il perno della riforma, rappresentando il luogo primario al quale il cittadino accede per trovare risposta ad un proprio bisogno di salute e il riferimento continuativo per l’intera comunità di competenza.
Esse dovrebbero fungere da ponte tra il domicilio e l’ospedale.
L’Ospedale di Comunità è destinato a degenze di breve durata per pazienti con patologie che non necessitano di ricovero in ospedale ma di interventi sanitari a bassa intensità clinica e a gestione prevalentemente infermieristica.
La Centrale Operativa Territoriale coordina la presa in carico della persona, collegando i servizi e i professionisti coinvolti nelle diverse strutture assistenziali e dialogando con la rete dell’emergenza-urgenza.
È stata creata anche la Centrale Operativa 116117, numero unico europeo, che offre un servizio telefonico gratuito alla popolazione 24 ore su 24 nell’arco dell’intera settimana per cure mediche non urgenti.
Di questa centrale non si sa nulla o giù di lì.
Al fine di poter accedere ai fondi destinati al Ministero della Salute per il riassetto della sanità territoriale sia dal PNRR sia dal piano nazionale investimenti complementari al PNRR, è fatto obbligo alle Regioni di aver presentato, entro il termine ultimo del 28 febbraio 2022, i propri piani operativi. Già qua sarebbe interessante sapere cosa ha presentato la nostra Regione e soprattutto cosa ha presentato la nostra ASL DI LATINA, nel dettaglio no come spot di comunicati stampa.
Per quel che concerne più specificamente al nostro distretto sanitario, distretto LT5, è prevista l’apertura di: • 4 Case della Comunità, a Gaeta, Minturno, Formia e Santi Cosma e Damiano, • 2 Ospedali di Comunità, a Gaeta e Minturno, • 1 Centrale Operativa Territoriale, a Gaeta. Una rivoluzione! Chissà se i medici di famiglia, le strutture ospedaliere, i direttori sanitari, i sindacati degli operatori sanitari e le università si sono parlati in merito a questa rivoluzione e si sono accordati. Perché altrimenti sarebbe l’ennesima “rivoluzione su carta” e stavolta al vento andrebbero tanti milioni di euro.
Una prima osservazione, sull’insieme della riforma sanitaria territoriale, riguarda la farraginosità del sistema. Un servizio pubblico, rivolto in prevalenza a persone anziane (a causa dell’invecchiamento della nostra società), deve rispondere anche a requisiti di semplicità, deve essere facilmente comprensibile e altrettanto facilmente accessibile cosa non rispondente a quanto previsto dalla nuova riforma.
Una seconda fonte di preoccupazione deriva dal piano di edilizia sanitaria: far affluire sul territorio ingenti somme di denaro pubblico da spendere in tempi molto ristretti rende palese il rischio di speculazione sugli aspetti edilizi della riforma e ancor più stringente dovrà essere il controllo sul corretto uso dei finanziamenti e sulle eventuali infiltrazioni mafiose negli appalti pubblici. Se poi a tutto questo si aggiungono i fondi (circa 85 milioni di euro) già stanziati dall’INAIL per l’edificazione del Nuovo Ospedale del Golfo, allora l’allarme si fa ancora più vivo e pressante.
Occorre, inoltre, valutare la reale fattibilità del progetto, dal momento che tutta l’organizzazione è basata sulla disponibilità dei Medici di Medicina Generale che dovrebbero farsi carico della gestione medica dei pazienti afferenti alle Case della Comunità oltre che di quelli ricoverati presso gli Ospedali di Comunità.
Un’altra perplessità è relativa alla reale copertura con numeri adeguati per quanto riguarda il personale sanitario, in particolar modo medici e infermieri. È stato calcolato che, soltanto per l’attivazione delle 1.288 Case della Comunità, serviranno nel complesso 16.531 persone in più, ma attualmente la copertura è garantita solo per 2.363 infermieri.
I sindacati hanno sottolineato, infine, la difficoltà di reperire personale specializzato sia medico sia infermieristico e la necessità di abolire il numero chiuso alla facoltà di medicina e nelle scuole di specializzazione, ma ovviamente tale dibattito istituzionale, dopo l’emergenza Covid, si è bloccato nei meandri dei labirinti della politica, quella che non si confronta con le esigenze reali dei cittadini e dei loro bisogni.
Insomma dopo avere assistito all’inaugurazione di una struttura inutile, perché vuota di personale, come il tendone fuori dal Pronto Soccorso del Dono Svizzero, dopo aver visto lo sperpero di 400.000,00 euro, senza una ricaduta reale per le esigenze sanitarie della comunità, ci aspettano altri tempi bui. Possibile che a tutto questo le Istituzioni, a partire dal Distretti Sanitari, i Comuni, la Conferenza provinciale Sanitaria, la Asl e la Regione non vogliano rispondere con efficienza, efficacia e concretezza, almeno per una volta, almeno per una volta stupiteci!
la Consigliera comunale rappresentante dei movimenti politici “Un’altra Città” e “M5Stelle” Paola Villa
Operatore dell’informazione. Attivista culturale impegnato a scoprire, analizzare, descrivere e diffondere avvenimenti di vita locale quotidiana
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