PROMETEO AGLI INFERI – Spettacolo teatrale del Teatro KappaO con gli Allievi del Liceo Classico “Vitruvio Pollione”

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Spettacolo teatrale del Teatro KappaO con gli Allievi del Liceo Classico “Vitruvio Pollione”, in scena il 20 Giugno 2014 dalle ore 21.00 alle ore 22.30, Criptoportici della Villa Comunale di Formia. Percorso itinerante per gruppi di 10 persone con ingresso libero ogni 10 minuti.

“Prometeo agli Inferi”: questo il titolo che reca il nuovo spettacolo nato dal Laboratorio teatrale del Liceo Classico V. Pollione per ideazione del Teatro KappaO.

I Criptoportici della Villa Comunale di Formia ne costituiscono la suggestiva scenografia, rimandando attraverso il significato etimologico del loro nome al tesoro nascosto e rubato agli dei dal Prometeo eschileo: il fuoco. Gli studenti, prendendo le mosse dalla lettura della tragedia di Eschilo, giungono, durante il percorso guidato del Laboratorio, a carpire il significato profondo di Prometeo oggi e ad affermare sulla scena la vivida attualità di un dramma così lontano nel tempo, eppure così vicino nella sua potenza eversiva.

Nel fondo buio dei Criptoportici prende allora vita, attraverso i corpi, le voci, i movimenti, i gesti degli studenti-attori, l’eroe incatenato nella storia del mito, ma qui ed ora libero, sciolto ormai dalla paura di gridare più che la protesta contro gli dei, l’ostinata fede nell’uomo.

“Io sono il capitano della mia vita” recita una giovane studentessa-attrice: il fuoco rubato agli dei diviene parola illuminata e illuminante, capace di dichiarare con forza l’infinito potere dell’uomo, che non demanda ad altri, neppure alla divinità, il proprio destino, ma che tenendo stretta tra le mani la propria vita, si fa promotore di una giustizia nuova generata ed alimentata dallo spirito.

Ed è proprio lo spirito più autentico dell’uomo ad aleggiare tra gli spazi indefiniti dei Criptoportici: esso assume varie sembianze attraverso i monologhi degli studenti, che inneggiano alla sacralità dell’uomo, muovendo gli spettatori all’emozione più pura, quella di riuscire a percepire l’essenza più vera del loro esser uomini-eroi del proprio destino. I testi recitati della Didone virgiliana, di Rita Levi Montalcini, di Nietzsche tuonano forte, liberando il Prometeo incatenato del mito e inchiodando l’uomo di oggi all’urgenza di far emergere lo spirito, affinché non debba morire sulla porta aperta degli Inferi, adattandosi ad un mondo che attende un futuro senza il fuoco della speranza.

 

Nel “Prometeo agli Inferi” Camus si chiede:

“Che significato ha Prometeo per l’uomo d’oggi. Senza dubbio si potrebbe dire che questo ribelle che insorge contro gli dei è il modello dell’uomo contemporaneo e che la protesta, elevata migliaia di anni fa nei deserti della Scizia, termina oggi in una convulsione storica che non ha eguale. Ma al tempo stesso qualcosa ci dice che questo perseguitato continua ad essere tale fra noi e che noi siamo ancora sordi al gran grido della rivolta umana di cui egli dà il segnale solitario.

L’ uomo di oggi è colui che soffre in masse prodigiose sulla stretta superficie di questa terra, l’uomo privato di fuoco, di cibo, per il quale la libertà non è altro che un lusso che può aspettare; e per quest’uomo si tratta ancora di soffrire un po’ di più. Prometeo è l’eroe che amò tanto gli uomini da dare loro al tempo stesso il fuoco e la libertà, le tecniche e le arti. L’umanità oggi non si cura che delle tecniche. Si ribella nelle sue macchine, considera l’arte e quello che l’arte suppone come un ostacolo e un segno di servaggio. Il pensiero di Prometeo invece è di non poter separare la macchina dall’arte. Egli pensa che si possano liberare al tempo stesso i corpi e le anime. L’uomo attuale crede che sia necessario prima liberare il corpo, anche se lo spirito debba provvisoriamente morire. Ma può lo spirito morire provvisoriamente? In realtà se Prometeo tornasse, gli uomini d’oggi farebbero come gli dei di allora: lo inchioderebbero alla roccia, proprio in nome di quell’umanesimo di cui egli è il primo simbolo. Le voci nemiche che allora insulterebbero il vinto sarebbero le stesse che echeggiano alla soglia della tragedia eschilea: quelle della Forza e della Violenza.

Così ritorna la miseria degli uomini che Prometeo volle salvare, quegli uomini che vedevano senza vedere, ascoltavano senza udire, simili alle immagini dei sogni…”.

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