La suggestiva location del Castello Baronale di Minturno ospita “Le forme del silenzio” Opere 2013-2019, di Tito Rossini, a cura di Otello Lottini.
Con il patrocinio del Comune di Minturno e della Pro Loco, la personale di pittura inaugurata lo scorso 12 ottobre sarà aperta al pubblico fino al 26 ottobre.
Delle tante mostre che negli ultimi periodi ha ospitato il Castello, quella di Tito Rossini si distingue subito per l’eccezionale valore delle opere. Percorrendo le sale, si ha la sensazione di essere realmente rapiti da questo silenzio che chiede attenzione.Fermi immagini eloquenti, sapientemente incorniciati, affollano le pareti bianche in un altalenante e suggestivo gioco di formati. Lo spazio asettico delle sale sembra nato per accogliere queste riflessioni olio su tavola che sublimano l’anima, oltre che gli occhi. Perché la prima sensazione che si ha è che quel che si vede non è solo il frutto di un abile trasposizione della realtà, ma soprattutto il racconto di un mondo interiore che chiede e si fa spazio, appellandosi alla parte più intima dell’osservatore, per narrare l’irracontabile.
Il taglio fotografico delle opere, gli eccentrici formati e quella sottilissima intercapedine tra tavola e cornice, quasi un vuoto che da la dimensione del reale, tutto concorre ad enfatizzare un tempo che si annulla. Ambienti quotidiani, spogli, dove la luce irrompe mistica e da forma alle cose e poi paesaggi di luoghi vicini sono questi i soggetti, che in una moltitudine di varianti costituiscono il corpus della mostra.È un silenzio che si fa forma, è il racconto fotografico di una contemplazione, di immagini che approdano dalla memoria e si tramutano in opere.
Un esercizio di stile le opere di piccolo formato che, abbattendo i confini dell’arte figurativa, diventano un’interrogazione sul concetto stesso dell’essere artista oggi in un mondo di contemporanei. I tagli insoliti sulle scene, quegli ambienti frammentari, dove appena si riesce a ricostruire l’insieme dello spazio, sono l’espressione di una libertà artistica rara, dell’appropiazione di quel fare intellettuale che guida la mano del pittore.
Non è l’estetica l’istanza prima di queste opere, ma l’Idea. E in questo silenzio che si fa grande anche nelle tavole più piccole, sezionate in altre piccole forme, ideali trittici di minuti paesaggi, tutto sembra essere al posto giusto, tutto sembra essere dove lo vorresti vedere. Le forme si dilatano e anche quello che sembra infinitamente piccolo, in questo spazio annullato, dove apparentemente nulla accade, si fa infinitamente grande. Ed è quasi impossibile non cogliere i rimandi al mondo del cinema e della fotografia, perché a guardarla bene questa potrebbe essere anche una mostra di fotografia dove scenari perfetti vengono immortalati in tanti fotogrammi o forse il tentativo estremo di un pittore che cerca di sopravvivere in un mondo dove ormai già tutto è stato dipinto. Appaiono così gli ambienti monastici, le celle spoglie, le scale, le mense bianche e si popolano di oggetti e luce, citazioni mistiche dove la presenza di Dio e delle Sacre Scritture non è mai banale. È una pittura primitiva, assoluta, pura che non ha bisogno di altro se non di luce e colore.
Nelle stanze di Tito Rossini l’incontro tra Uomo e Dio si fa eloquente, rapisce lo spettatore e lo trasporta in un mondo parallelo, interiore. Quello che colpisce di queste opere, realizzate tra il 2013 e il 2019, è la coerenza stilistica e un’atmosfera costante, un continuum che di tavola in tavola quasi assorda per la potenza espressiva di un silenzio che è quiete e ricerca al tempo stesso.
Altrettanto affascinante è la sezione antologica che ospita opere del maestro dal 1993 al 2015, uno scrigno prezioso nell’ultima sala dove la vicenda umana ed artista di Tito Rossini si svela. Note biografiche di grande pregio, dove i ricordi dell’infanzia e i legami affettivi si mescolano, per consegnare scene evocative senza tempo. Nello spazio breve dell’aula si dispiega così la ricerca formale del pittore e un mondo interiore dove gli affetti costituiscono lo snodo principale dell’Io.
Un’ulteriore sezione della mostra è rappresentata dai Tre Progetti, realizzati tra il 2016 e il 2019.
Percorrendo le sale della mostra si può avere la fortuna di incontrare il pittore, artista di rara sensibilità, capace di rendere in parole la gestazione di un’arte autentica, che si fonda nella memoria prima ancora che negli occhi.
“Le forme del silenzio” è una personale che ammalia, che infonde un senso di quiete e benessere, una pausa lenta in un mondo troppo frenetico.
Martina Conte
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